L’EUROPA


Cominciai con una vecchia barca federale, alberi scartati dalle olimpiache e vecchie vele Green; scesi in acqua la prima volta al campionato italiano a Cagliari nel ’97, dove vidi che tutto sommato con vento forte (13 m/s di mistral) ero molto competitiva, facevo anche la strambata, cosa che le altre ragazze di levatura olimpica non se la sentivano di fare. Finii seconda femminile e decisi che non era impossibile il confronto; non sarei partita dall’alto, avrei dovuto imparare l’abc della barca. Nel ’98 affrontai i miei primi iceberg: arrivavo decima alle nazionali, dove invece ero abituata a vincere con il Laser, al primo mondiale finii 54a e fu li che capii quanto forte andavano le altre. La sconfitta si trasformò in vittoria, vidi dov’ero e dove dovevo arrivare, misi a fuoco il gap faraonico che mi separava dalla top 10. Imparai a ripartire dal basso, scalino dopo scalino, sentivo il sale sotto alle ginocchia, mi alzavo e mi riabbattevano. Alle regate internazionali di Hyeres giravo le boe nelle prime 5 e finivo 20a. Risalire era duro e le occasioni per mollare infinite, invece riuscii a resistere, e continuai a migliorare poco alla volta ogni giorno. Lasciai di andare all’università per quasi due anni, per allenarmi sulla classe olimpica: all’estero le straniere erano professioniste.